C’è un momento, nella vita di ogni studente, in cui il futuro si addensa in poche ore decisive. Ogni anno, il concorso di ammissione alla Scuola Superiore di Catania segna per molti l’inizio di un cambiamento profondo.

C’è un tempo sospeso, tra giugno e settembre, che per molti si tinge del colore cristallino del mare, dell’inerzia ambrata e polverosa delle giornate roventi, del quieto torpore della pausa estiva. Ma per chi aspira ad accedere alla Scuola Superiore di Catania, quei mesi, segnati dalla ferrea preparazione agli esami di ammissione, sono inesorabilmente in bilico tra l’ebbrezza della buona riuscita e il timore latente del fallimento.

A distanza di un anno, ricordo ancora nitidamente l’attesa del concorso. Ci si prepara alle prove scritte con la cura devota di chi affina una lama segreta o accorda un’arpa silenziosa. Platone dialoga con Calvino sul comodino, mentre Leopardi sussurra segreti a Schopenhauer nell’angolo più buio della scrivania.

Il tempo dedicato allo studio si orienta verso la costruzione metodica di un sapere che deve essere non solo ampio e articolato, ma anche trasversale e profondamente interconnesso. Mentre la biblioteca personale si moltiplica esponenzialmente, stati d’animo opposti scandiscono i tempi di un meticoloso labor limae interiore: un giorno ti senti Napoleone alla vigilia di Austerlitz, il giorno dopo Amleto nel castello di Elsinore, paralizzato dal dubbio e dall’indecisione. 

Non si tratta di una mera preparazione nozionistica: è una forma autentica di educazione alla resilienza e alla consapevolezza di sé. Ciascun candidato, infatti, si confronta con i propri limiti, sviluppa strategie di gestione dello stress, impara a calibrare aspettative e obiettivi in modo realistico, convertendo la paura dell’incertezza in energia positiva.

Il giorno delle prove scritte segna il passaggio dall’intimità dello studio domestico alla socialità competitiva dell’aula d’esame

I corridoi del Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Catania si trasformano in un teatro dell’assurdo, dove ogni candidato recita freneticamente il proprio rituale scaramantico: c’è il perfezionista ossessivo che rilegge gli appunti fino al suono della campanella, lo zen che medita in posizione lotus e chi misura la propria adrenalina in pulsazioni cardiache. In quel momento, per tutti i candidati il futuro assume le forme di una porta socchiusa.

Noi eravamo lì, in attesa sulla soglia, con il cuore che batteva forte e la penna tremula tra le dita.

La traccia arriva come un verdetto, gravido di infinite possibilità interpretative. Dopo i primi minuti dominati da un’ingannevole esitazione, l’ingranaggio gradualmente si mette in moto: le conoscenze si riorganizzano, i pensieri si chiariscono, la scrittura prende ritmo. È l’istante in cui la preparazione incontra finalmente la sua naturale espressione.

Durante il colloquio orale, invece, non esistono più mediazioni o possibilità di correzione: la commissione, che ha fatto dell’eccellenza accademica la propria professione, valuta non solo la correttezza delle risposte, ma anche la capacità argomentativa, la prontezza e la lucidità espositiva.

La dinamica relazionale propria del colloquio richiede al candidato di dimostrare di saper gestire l’asimmetria di potere tipica della situazione d’esame, trasformando potenzialmente una situazione intimidatoria in un’opportunità di dialogo costruttivo.

È una competenza sociale che trascende l’ambito accademico e prepara alle future interazioni professionali, in quanto i candidati sono chiamati a rispondere e, al contempo, a raccontarsi.

Un anno dopo, posso affermare che il concorso di ammissione per la Scuola Superiore di Catania non costituisce solo un processo di selezione accademica: è un rito di passaggio che segna il confine tra l’adolescenza e l’età adulta, tra il mondo protetto della scuola secondaria e quello più esigente e competitivo della formazione universitaria. È il momento in cui si smette di essere studenti passivi e si diventa protagonisti attivi del proprio percorso di crescita e di realizzazione di sé, consapevoli di aver messo in campo le proprie migliori risorse, a prescindere dall’esito.

Oggi, dopo aver superato brillantemente il concorso di ammissione alla Scuola Superiore di Catania per l’anno accademico 2025/2026, 24 nuovi allievi e allieve si apprestano a fare il primo passo nella nostra comunità, intraprendendo un percorso formativo di eccellenza, fatto di studio, confronto, curiosità intellettuale e crescita personale.

Annamaria Pia Arena, Federico Bonanno, Chiara Maria Calì, Alfonso Coniglio, Dario Nicolò Davì, Adriana Di Falco, Simone Farina, Carmelo Ferraro, Rishi Gauswami, Gabriele Guidotto, Riccardo Lauretta, Stephane Giovanni Maria Lo Sardo, Giorgia Mangioni, Tommaso Maria Marletta, Enzo Materia, Nadia Micalizzi, Elio Rosario Militello, Sofia Montemaggiore, Giorgio Nicotra, Santo Occhipinti, Monica Pennisi, Dario Rasà, Sabrina Strazzeri, Flavio Vinciguerra.

A ciascuno di loro, porgiamo il nostro più sincero benvenuto, con l’augurio che possano vivere questo nuovo percorso accademico con curiosità, passione e senso di responsabilità.

Vittoria Gugliotta, Redazione SSC UniCT

“Siamo fatti anche noi della stessa sostanza di cui son fatti i sogni; e nello spazio e nel tempo d’un sogno è racchiusa la nostra breve vita.” William Shakespeare