Data: giovedì 5 ottobre 2023, ore 15
Saluti: Daniele Malfitana, Presidente Scuola Superiore di Catania
Relatori: Marc Andrew Brightman (Università di Bologna), Gabriella Corona (ISMED-CNR Napoli), Carlo Cellamare (Università di Roma “La Sapienza)
Discussant: Alessandro Lutri (Disum -UniCt), Laura Sajia (DicAr -UniCT), Melania Nucifora (Disum -UniCT) 

ABSTRACT

I territori locali e globali (rurali e urbani) sono sempre più caratterizzati da fragilità di vario tipo, connesse alle attività produttive umane e ai modelli di sviluppo che ci si è dati, i quali mostrano sempre più la loro insostenibilità nella rottura modernista del rapporto tra l’agire umano e i contesti ecologici e territoriali. Una rottura che si manifesta nell’accelerazione demografica e tecnologica degli ultimi cento anni, connessi ai processi di riorganizzazione e riassetto dei poteri economici e politici a livello globale, che omologano sempre più luoghi e spazi. Le fragilità che interessano i territori sono di tipo  demografico (spopolamento delle aree interne, e sovra-popolamento delle aree urbane); sociale ed economico (presenza di attività criminali, lavoro irregolare, economia informale, bassa presenza di associazioni di cittadinanza attiva, etc.); ecologico (riduzione delle biodiversità e degli habitat, inquinamento dei suoli, acqua ed aria, etc.); paesaggistico (consumo ed espropriazione dei suoli); simbolico (la perdita del senso di appartenenza ai territori).  

La multidimensionalità delle fragilità che connotano la crisi socioecologica dell’abitare contemporaneo (urbano e non), non può non sollecitare sia chi ha le responsabilità del pensare il progetto del territorio, sia chi analizza le moderne trasformazioni apportate al vivere sociale (scienze umane e sociali) a stare nel problema (Haraway 2016), confrontandosi con il ri-conoscere, re-stituire, ri-sacralizzare e ri-comporre l’abitare nella crisi. Per cercare di rendere intellegibile l’abitare contemporaneo nell’epoca della crisi socioecologica, bisogna orientarsi a pensare la vita urbana non esclusivamente in termini di densità abitativa (fisica e sociale) delle città (il consumo di suolo e la concentrazione demografica), ma assumere in termini processuali la costruzione, distruzione e produzione dei luoghi della convivenza più-che-umana, vissuti e anche disabitati, entrando in contatto con la sofferenza abitativa dei territori e dei luoghi per aprirli a un possibile futuro.     

Al fine di confrontarsi con le fragilità territoriali, cercando di avviare nei territori dei percorsi rigenerativi virtuosi, che non consistano nella mera riqualificazione materiale degli spazi e insediamenti bensì con il ri-abitare i territori, si ritiene strategico cercare di riattivare dei processi di coesione sociale tra gli individui che abitano nei territori, riassegnando delle funzioni vitali (produttive e sociali) agli ambienti e spazi che sono stati degradati o che sono divenuti obsoleti.  

A questo fine si ritiene opportuno cercare di riannodare i legami tra l’università, le politiche e la conoscenza utilizzabile per riconoscere ed affrontare i problemi ecologico-sociali di natura collettiva e territoriale, contribuendo allo stesso tempo a arricchire la discussione pubblica intorno alla rigenerazione della vivibilità più-che-umana, a partire da quelle soluzioni locali che sono maggiormente adatte e adattabili ai contesti territoriali più fragili, ovvero delle alternative possibili

esposte a minore sforzo e spreco di risorse naturali e umane.

Per riconoscere i problemi, ridefinirli e adattare delle soluzioni locali a specifici territori, costruendo  

dei quadri di senso generali (economici-simbolici-sociali), si ritiene che una conoscenza utilizzabile dal punto di vista sociale-territoriale sia soprattutto quella che tramite una prospettiva critica generi un dialogo sociale e una efficace interazione multiattoriale, radicandosi nei processi, assumendo i vincoli dell’azione e i rapporti di forza locali, indicando la direzione dell’orizzonte (e dei limiti) del possibile, tenendo in considerazione i potenziali effetti sulla vita quotidiana degli abitanti nei territori. 

La Tavola rotonda proposta intende focalizzare l’attenzione sul ruolo dell’università nella formazione di nuovi percorsi formativi orientati verso le Environmental Humanities (Scienze umane per l’ambiente), in grado di generare una nuova conoscenza ibrida e trasformativa con cui affrontare le complesse questioni ecologiche e i processi di sviluppo territoriale, al di là delle soluzioni tecniche (ingegneristiche e urbanistiche), entrando il più possibile in contatto con gli attori sociali che abitano nei territori (Istituzioni, Associazioni varie, Operatori economici, cittadini) per sollecitare la creazione e partecipazione a innovative e inclusive progettualità.