La conoscenza è utile se trasversale. L’università viene spesso dipinta come un luogo di formazione prettamente settoriale e specialistico, nel quale chi studia qualcosa è virtualmente impedito dal conoscere altro. La Scuola Superiore di Catania è, invece, la testimonianza che l’istruzione universitaria è tutt’altro: una miscellanea di sapere che si può riassumere nel concetto di interdisciplinarietà.

Concetto che gli allievi della Scuola sperimentano nella loro formazione, sia interna che in mobilità.
Ne è l’esempio il ciclo di seminari dal titolo “Generative AI and the creative industries”, svoltosi il 28 e 29 novembre 2024 presso l’Università degli Studi di Torino.

L’evento, organizzato e finanziato dalla Scuola Superiore di Torino “Ferdinando Rossi” nell’ambito della collaborazione tra Scuole Superiori di Ateneo della rete ASSI, ha visto la partecipazione degli allievi Emanuele Fiorito, Matteo Pappalardo e Vittorio Turco.

Tre allievi che seguono percorsi di formazione molto diversi, proprio a dimostrazione di come il sapere travalichi ogni barriera artificialmente creata, a cui abbiamo posto qualche domanda di approfondimento sul tema.

Questo articolo fa parte della campagna #BeyondSSC, dedita a raccontare le storie dei nostri allievi in giro per il mondo!

Emanuele Fiorito

È dottore in Economia (L-33) ed è stato Allievo della Classe delle Scienze Umanistiche e Sociali. Attualmente, invece, è studente del Corso di laurea magistrale interdipartimentale in Data Science (LM – Data) e Allievo della Classe di Scienze Sperimentali.

Lo scambio culturale tra le due Classi si pone come una delle principali occasioni di crescita che gli allievi sperimentano durante la loro permanenza a Villa San Saverio.

Emanuele già nel suo percorso triennale, con una tesi dal titolo “
Economia regionale e capitale creativo: un’analisi del legame tra lo sviluppo economico locale e la creatività delle imprese”, si era interessato alla creatività secondo una prospettiva economica di analisi. Prospettiva che ha arricchito con la dimensione tecnologica del fenomeno, in linea con il suo percorso di studi in Data Science. 

“La forza delle varie intelligenze artificiali viene spesso identificata nella capacità di gestire una notevole mole di dati. Il collegamento tra creatività e dati non è così lineare, tendenzialmente i due concetti vengono anzi contrapposti. Quali sono le sfide da superare per gestire i dati nell’ambito delle industrie creative?”

Quando si parla di machine learning o AI generativa, si pensa spesso a un qualcosa di freddo e asettico, una macchina virtuale ‘nemica’ dell’uomo che cerca a lui di sostituirsi: gli output dei modelli di machine learning sono visti solo come ‘combinazioni di numeri’ che cercano di replicare, velocizzare, rendere più efficiente un processo creativo finora esclusivo della mente umana.

Indubbiamente il rischio che ci si possa anche solo quantomeno avvicinare a un’ipotesi del genere non è così basso, considerata l’enorme mole di tasks che architetture come ChatGPT o DeepSeek sono oggi in grado di eseguire, e sempre più alto diviene altresì il rischio di un’IA che ‘spenga i cervelli’, azzerando quella capacità di ingegno di cui l’uomo ha bisogno per risolvere i propri problemi. In questo senso, diviene allora fondamentale utilizzare con criterio questi strumenti, che possono allora divenire supporti – e non più sostituti – di una mente creativa che, nella mia visione, può in essi ricercare un’importante fonte di ispirazione, derivata da quello che probabilmente è il più grande punto di forza di questi modelli: la loro capacità di attingere conoscenza da un set di dati estremamente vasto.

L’AI generativa può in questo senso rafforzare e velocizzare il processo di ispirazione di un artista che, avendo la possibilità di ottenere una prima immediata visione di una propria idea a un semplice prompt di testo di distanza, può facilmente ottenere una prima bozza, una ‘concept art’ di un’idea da sviluppare ulteriormente seguendo le proprie inclinazioni personali.

Fermo restando che le capacità generative di un modello di intelligenza artificiale sono per ora relegate a una fonte di conoscenza tanto vasta quanto generalista, incapace di cogliere sottili sfumature di un’opera artistica a cui solo l’autore è dato modo di apporre il proprio tocco personale, che contribuisce a distanziare la sua opera da quella di altri. Laddove il buon senso personale non arrivi sarà poi molto importante agire sul piano della policy, su cui tra l’altro OpenAI ha già iniziato a impegnarsi rendendo più difficile ad esempio la generazione di immagini che replichino stili artistici ampiamente noti (come quello dello Studio Ghibli, oggetto di discussione negli ultimi tempi).

Sarà quindi importante in futuro capire come facilitare ulteriormente questo percorso di transizione da un’AI di sostituzione a un’AI di supporto, che renda i dati non più una contrapposizione bensì un accompagnamento a un’attività creativa che deve rimanere di dominio esclusivo dell’essere umano”.

Matteo Pappalardo

Studente del Corso di laurea magistrale in Scienze filosofiche (LM-78), apparentemente non ha alcun collegamento diretto con il mondo dell’IA generativa. Tuttavia, il percorso di ricerca di Matteo riguarda proprio la filosofia della scienza. Un percorso che la Scuola sostiene fortemente, permettendogli di partecipare a convegni sull’intelligenza artificiale, come in questo caso, ma anche alle attività svolte dai colleghi studenti di fisica, come il recente viaggio tematico

“Credi che ci sia un rapporto tra GenAI e pensiero filosofico? Così come la GenAI imita la creatività umana, essa può o potrebbe anche imitare la riflessione di carattere prettamente filosofico?”

Seppur ancora poco indagato, sì, credo esista un rapporto interessante tra Generative AI e pensiero filosofico, con la pluralità dei significati e dei metodi che esso comporta. La filosofia, in effetti, potrebbe fornire – e in alcuni casi lo fa già – una cornice teoretica e concettuale ai problemi sollevati dall’utilizzo della Generative AI, il principale dei quali è certamente incarnato dai quesiti ‘che cosa significa pensare?’, ‘che cosa significa essere creativi?’.

Il tema della creatività umana e della sua riproduzione artificiale in questi ultimi anni è stato – ed è tuttora – oggetto di ampi dibattiti, e basti pensare al monumentale testo del 1979 di Hofstadter Gӧdel, Escher, Bach: ‘Un’eterna ghirlanda brillante’, per rendersi conto del carattere dirimente del fenomeno. La creatività, infatti, è sempre stata considerata una qualità irriducibile ed esclusiva del genere umano, un unicum intrinseco al modo in cui ci approcciamo al mondo.

L’idea che un’intelligenza artificiale, opportunamente addestrata, presenti proprietà generative, e quindi capacità di produrre in chiave del tutto originale contenuti audiovisivi – banalmente film, opere d’arte e musica – crea effettivamente un disorientamento generalizzato che merita una profonda riflessione filosofica. Se, oltre alle abilità strettamente di calcolo, l’AI è in grado di ‘ipotecare’ anche ciò che finora abbiamo ritenuto come il nostro ‘cavallo di battaglia’, ossia l’intuizione creativa, cosa ci contraddistingue da una macchina?

Queste riflessioni, nonostante eccessivamente inflazionate, sono solo apparentemente banali, né tanto meno sono state risolte. La filosofia è, quanto meno per chi vi parla, il luogo della complessità per eccellenza, dunque reputo che tra le due realtà ci sia – e ci debba essere – un legame. Legame che merita di essere istituito se riflettiamo nell’eventualità in cui la Generative AI, oltre a produrre contenuti originali di natura audiovisiva, possa essere in grado di dar luogo a vere e proprie riflessioni filosofiche nuove. Non dispongo di elevate capacità previsionali, però ritengo che, per accostarsi al problema, occorre anzitutto ragionare su un punto: basta imitare il pensiero per sostenere di star pensando?

Le capacità generative delle nuove tecniche di AI riuscirebbero a replicare l’aspetto logico-sintattico e metodologico della riflessione filosofica, ma che ne è della coscienza e dell’intenzionalità che lo hanno partorito? Per di più, il pensiero filosofico è sempre situato, nel senso che ha sempre un legame con il vissuto storico di chi lo partorisce. Nel caso di un programma, che cosa ne è della situatedness? Un simile quesito, ancora in penombra, è secondo me importante per potersi accostare al problema. Nel caso affermativo, si tratterà infatti di rimodulare radicalmente alcuni nostri convincimenti ma solo il futuro potrà far luce su questo.

Vittorio Turco

Allievo e studente del Corso di laurea triennale in Fisica (L-30), Vittorio Turco ha partecipato al ciclo di seminari insieme a Emanuele e Matteo. La sua partecipazione testimonia come il tema dell’intelligenza artificiale possa essere considerato secondo molteplici prospettive.

“La fisica viene generalmente associata al mondo empirico, al mondo dell’osservabile e del conoscibile. I dati, invece, sono una rappresentazione immateriale di oggetti materiali o meno. Il mondo “materiale” della fisica come si pone nei confronti del mondo “immateriale” dei dati e, quindi, dell’intelligenza artificiale?” 

Volendo dare una descrizione estremamente sintetica di cosa sia la fisica potremmo dire che essa è un insieme di modelli matematici, quindi di astrazioni, formulati con l’intenzione di poter descrivere e predire la realtà materiale dei fenomeni naturali. 

Per riuscire ad ottenere una descrizione matematica della realtà un approccio puramente qualitativo non basta ed è per questo che la fisica formula modelli che sono quantitativi, cioè si servono di misure per trasformare in dati astratti e oggettivi le caratteristiche del fenomeno osservato. 

Perciò, per rispondere alla domanda, possiamo dire che dalla definizione stessa di cosa sia la fisica emerge l’indissolubile rapporto che la materia ha con il concetto di dato e che senza di esso la fisica stessa non potrebbe esistere.

Per quanto riguarda l’intelligenza artificiale si può certamente dire che, al contrario del dato, non ricopre un ruolo così fondamentale per la materia, ma essendo una tecnologia incredibilmente versatile sta trovando velocemente nuovi spazi di applicazione in diverse aree della materia.

Il tema principale dei seminari, quello della Generative Artificial Intelligence (GenAI), declinato nelle sue sfumature etiche, ingegneristiche e socio-politiche, è stato oggetto di approfondite analisi da parte di relatori e relatrici di fama internazionale, nonché di ricchi e ampi dibattiti con i partecipanti.

Punto di forza dei vari seminari è stata la natura interdisciplinare, se non transdisciplinare, un aspetto fortemente caldeggiato dagli stessi promotori, dato il carattere dirimente del fenomeno. In effetti, la GenAI rappresenta una delle evoluzioni più significative della storia dell’IA.

La sua importanza risiede nella capacità di creare contenuti originali – musica, testi, immagini, video – partendo da semplici input. A differenza delle altre tradizionali forme di IA, la GenAI imita la creatività umana, offrendo nuovi strumenti non solo per l’innovazione e l’automazione, ma anche per le più variegate tipologie di espressioni artistiche in senso lato.

Proprio su quest’ultimo si sono concentrati buona parte degli interventi seminariali, e dei nostri allievi in questo articolo, consci dell’esigenza di costruire una fitta rete di saperi che sia in grado di comprendere la natura delle nuove tecnologie generative per implementare il settore delle creative industries e, allo stesso tempo, sensibilizzare e responsabilizzare fruitori e policy-makers di una nuova realtà sempre più in rapida espansione.

Villa San Saverio è la residenza che viene garantita, gratuitamente, a tutti i vincitori del concorso di ammissione. Tuttavia, la formazione degli allievi travalica tale residenza, estendendosi a tutti i luoghi che possono fornire la più variegata e stimolante offerta formativa #beyondSSC! 

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Alessandro Motta, Redazione SSC UniCT

“Il vostro tempo è limitato, quindi non sprecatelo vivendo la vita di qualcun altro … Stay hungry, stay foolish.” Steve Jobs