Quinta tappa di #Percorsi_SSC: intervista ad Alessandra Romano

Quinto appuntamento con #Percorsi_SSC, la rubrica dedicata agli Alumni della Scuola Superiore di Catania. Abbiamo intervistato Alessandra Romano, medico ricercatore in Ematologia presso l’Università degli Studi di Catania.

1. Il tuo percorso inizia a Catania dove hai intrapreso gli studi di Medicina e Chirurgia tra le aule di Unict e della Scuola Superiore di Catania. Oggi ti dedichi alla ricerca: di cosa ti occupi nello specifico?

Sono un medico ricercatore presso l'Università degli Studi di Catania. Mi occupo di un particolare tumore del sangue, il mieloma multiplo, e dei meccanismi per cui tende a manifestarsi dopo l'iniziale risposta alla terapia per le complesse interazioni tra le cellule tumorali e quelle del microambiente, che vorremmo educare per evitare la recidiva di malattia.

 

2. La tua professione ti ha portato oltreoceano: quali sono, secondo te, i punti di forza dell’approccio statunitense alla ricerca? E come potrebbero essere implementati nel contesto italiano?

Il principale punto di forza è rappresentato dalle risorse: accesso ai reagenti, alle sovvenzioni economiche -perché la ricerca costa, specialmente quella basata sulle nuove tecnologie omiche - e al network tra professionisti, grazie a scuole, workshop, conferenze. In Italia si può fare altrettanto, perché creatività e innovazione esistono anche qui, ma a volte mancano le risorse per poterle coltivare. Ad esempio, per i giovani ricercatori precari, non ancora cioè incardinati dentro l'Università o Centri di Ricerca, non è possibile l'accesso a fonti di finanziamento, se non all'interno di gruppi strutturati, e questo limita moltissimo l'indipendenza, specialmente nelle fasi iniziali della carriera, dove i maggiori grant sono volti alla copertura dello stipendio e non di macchinari e reagenti utili all'esecuzione della stessa. Per i medici traslazionali, che come me vogliono stare al letto del paziente (bedside) e in laboratorio (benchside), c'è anche l'ostacolo culturale di non avere tempo riprotetto per una delle due attività: le carenze strutturali dei nostri ospedali, con ancora tanta carenza di personale e tanto più sotto pressione durante la pandemia, ci hanno costretto a ridurre il tempo ufficialmente dedicato alla ricerca per non sottrarci all'assistenza clinica. Con le adeguate risorse - sono certa - che in Italia sia possibile ottenere gli stessi risultati di elevata qualità. Il nostro Paese dedica purtroppo una quota insufficiente del PIL alla ricerca e molti sforzi sono in atto per invertire questa tendenza.

3. Quest’anno sei stata docente di uno dei moduli di “Il pensiero sistemico: dalla matematica alla medicina, uno strumento per una visione unitaria della scienza”, corso interdisciplinare rivolto agli Allievi della Scuola. Qual è, a tuo parere, il valore aggiunto di un’offerta formativa che punta sulla interdisciplinarità?

Lavorare insieme in un team interdisciplinare è la chiave per affrontare problemi complessi. Durante il nostro corso abbiamo affrontato alcuni punti hot della ricerca biomedica, quale la ricerca di biomarcatori per la sclerosi multipla, la predizione della recidiva in mieloma, la predizione del fallimento della terapia molecolare in leucemia acuta. Purtroppo, con l'iperspecializzazione, necessaria per comprendere le nuove conoscenze in ogni campo del sapere, può venire meno il quadro di insieme, a cui si risponde tramite interazione in un network di professionisti capaci di mettersi in gioco e sviluppare un unico linguaggio della scienza. In questo senso, la Scuola Superiore offre ai suoi Allievi, fin dai primi anni, la possibilità di confrontarsi con discipline differenti dalla propria per imparare a rispondere alle domande che hanno sempre affascinato l'uomo: da dove veniamo, come cambieremo, come possiamo limitare la sofferenza.

4. Infine, che consiglio daresti agli studenti che hanno appena intrapreso gli studi universitari?

Di essere curiosi e non smettere di fare domande: ai colleghi, ai maestri, ai professionisti di settore. E di perseguire le proprie intuizioni, cercando nelle pubblicazioni e libri scritti dai giganti, sulle cui spalle stanno salendo, le conferme o spunti critici. L'avanzamento del sapere si basa sul mettere in discussione le vecchie conoscenze alla luce delle nuove, lavorando con entusiasmo, serietà e rigore.