L’arte del Making: intervista a Gesualdo Busacca

Ritorna Percorsi SSC, la rubrica dedicata agli Allievi e alle Allieve della Scuola, con un ospite speciale da intervistare:  Gesualdo Busacca, Alumnus della Scuola Superiore di Catania, laureato in Archeologia all’Università di Catania e dottore di ricerca in Antropologia presso la Stanford University. Oggi si occupa di progetti di rigenerazione culturale in Sicilia con l’obiettivo di ritrovare un legame con le generazioni presenti proprio nel suo territorio di origine.

In occasione del prossimo colloquium SSC, Imagining Culture, Regenerating Life, che si terrà martedì 5 aprile (in presenza presso Villa San Saverio e online su Microsoft Teams), Gesualdo avrà modo di dialogare –  subito dopo i saluti istituzionali del Presidente Daniele Malfitana - con Tim Ingold, Professore emerito di Antropologia sociale all’Università di Aberdeen (Regno Unito), su tematiche quali l’ecologia, la sostenibilità e la rigenerazione culturale

Il legame che passa tra i due ha radici molto profonde e ormai pluriennali: proprio nel 2019, infatti, Gesualdo ha tradotto dall’inglese il saggio Making di Ingold per la casa editrice Raffaello Cortina Editore, iniziando da lì un proficuo e intenso scambio di suggestioni e visioni che inevitabilmente ritorneranno anche oggi nell’intervista che abbiamo deciso di fargli. 

Tradurre è tradire: cosa succede traducendo un testo in lingua straniera nella propria lingua?

«Parliamo di due testi diversi perché il lavoro di traduzione è un lavoro creativo a tutto tondo: non significa trasporre un testo da una lingua all’altra, ma riscriverne uno nuovo», ci dice subito Gesualdo, archeologo di formazione poi approdato al mondo della traduttologia, in riferimento a Making. «Ogni lavoro di traduzione è, in fondo, un “making”, un lavoro artigianale che stimola l’intelletto, che comporta una sfida già a partire dalla selezione del lessico e dei sinonimi. Si tratta di un’immersione capace di portarti dentro ad un testo più di quanto non avvenga col classico libro da lettura, senza dimenticare il grande vantaggio di poter veicolare nuove idee e altri concetti al di là delle barriere linguistiche.», conclude ricordando quanto per Ingold sia significativa la Sicilia e il suo legame con la Scuola Superiore di Catania, dove – per l’appunto – sarà ospite per parlare di come l’antropologia possa costituire tutt’oggi una valida chiave di lettura del presente.

Nel tuo lavoro di traduzione, invece, quanto pensi sia stata d’aiuto la tecnologia? Come sono cambiate oggi le prospettive lavorative per i laureati in discipline umanistiche? 

«Il mio approccio all’opera è stato molto tradizionale: ho utilizzato una copia cartacea e un semplice programma di videoscrittura. Esistono sicuramente programmi più sofisticati, ma spesso si utilizzano perlopiù per testi tecnici e scientifici, mentre, per la saggistica culturale, rimane molto più importante il rapporto vivo e analogico con la lingua.», ci racconta Busacca, facendo riferimento alle diverse fasi di traduzione del suo lavoro.

 «Certo, le professioni nel campo dei big data sono sicuramente molto in crescita e aprono anche strade piuttosto diverse tra loro, ma laurearsi in discipline umanistiche ha ancora il vantaggio di sviluppare competenze molto richieste nel mondo aziendale e non solo: la capacità di problem solving, l’analisi della complessità del presente o, ancora, la capacità di spaziare nel mondo culturale.», puntualizza senza tralasciare la sua ultima esperienza con Il bosco che pensa, un percorso personale focalizzato sulla rigenerazione locale della cultura. «Da qui l’importanza di sviluppare l’immaginazione per una rigenerazione dell’arte e della cultura intese come motori di cambiamento nel mondo.» Anche per questo, infatti, il nome di Gesualdo compare tra i docenti di Ecological Humanities: esperimenti di cultura rigenerativa, un corso specialistico della Scuola Superiore di Catania frequentato da 17 Allievi di differenti percorsi, all’interno del quale si inquadra bene anche il pensiero di Ingold. 

Quanto ampio pensi possa essere il bagaglio di conoscenze e di competenze di uno studente? Com'è possibile coltivare le proprie passioni attraverso un percorso come quello offerto dalla SSC? 

«Per me è una questione un po’ attitudinale: ho una tendenza naturale verso diversi interessi e, sotto certi punti di vista, mi definisco un “multi potenziale” proprio perché spazio tra vari ambiti sempre con una consapevolezza maggiore. La Scuola, per la sua natura interdisciplinare, ha chiaramente la funzione di sviluppare interessi multipli per la convergenza di persone nella convivenza presso Villa San Saverio.  

Capisco che per la Scuola sia fondamentale fornire un’offerta culturale la più ampia possibile: io stesso credo che anche attività che sembrano sconnesse, in realtà, sono importanti. Un esempio è la cura di orto all’interno del corso di cultura rigenerativa: un esperimento molto pratico che insegna a prendersi cura delle piante, dei batteri, dell’acqua e dei microorganismi, che unisce tante discipline con un coinvolgimento diretto con le competenze. Anche in questo Ingold è stato un grande innovatore, studiando l’umano all’interno del suo ambiente e con le sue relazioni complesse per ricercare un rapporto di engagement con il mondo materiale.».

Guardandoti indietro, come descriveresti la Scuola Superiore di Catania in 3 parole e perché? 

«Non è certo semplice, ma direi interdisciplinarietà, residenza e piazza. Oltre ad essere un luogo fortemente interdisciplinare e di residenza, la Scuola Superiore di Catania rappresenta anche un luogo di piazza, metafora dell’incontro tra persone e saperi all’interno di una comunità che offre giornalmente opportunità e sfide. Occorre però non rinchiudersi al suo interno, ma guardarsi fuori e mantenere i contatti con l’esterno nell’ottica di lasciarsi guidare dalla curiosità verso comunità plurali: l’università, la città di Catania, la Sicilia e via procedendo per cerchi concentrici.».