Giotto a Napoli e l'apogeo dell'arte di corte

Mercoledì 26 settembre 2018, ore 16.00
Aula Minutoli, Scuola Superiore di Catania
Villa San Saverio, Via Valdisavoia, 9

Relatore: Pierluigi Leone de Castris
Università degli studi "Suor Orsola Benincasa" di Napoli

Saluti:
Lina Scalisi
Coordinatrice Classe delle Scienze umanistiche e sociali
Università degli Studi di Catania

Introduce:
Barbara Mancuso
Università degli Studi di Catania

ABSTRACT: L'attività di Giotto a Napoli, alla corte del re di Sicilia Roberto d'Angiò, fra il 1328 e il 1333, rappresenta il caso più significativo – al Sud, ma in realtà in tutta Italia e in tutta Europa – di quel grande fenomeno di crescita del ruolo sociale dell'artista in associazione alle crescenti esigenze d'immagine e di politica culturale di un sovrano che s'identifica col nome, talora frainteso e/o contestato, di “arte di corte”. I tanti documenti d'archivio e i ricordi delle fonti che per fortuna possediamo su questa attività e questo soggiorno ci parlano di un artista al vertice della sua fama, già esaltato da Dante e di qui a poco da Petrarca e da Boccaccio come “principe” fra i pittori del suo tempo, che viene a tutti gli effetti “chiamato” da Roberto e dal figlio Carlo di Calabria, nella loro qualità di “signori” anche di Firenze, per entrare al servizio del re e della corte e per servirla con il suo lavoro, col suo mestiere, affrescando la appena costruita chiesa francescana e sepolcreto regio di Santa Chiara. Ci parlano di un artista che riceve a corte un trattamento economico del tutto inusitato nel resto d'Italia e d'Europa – uno stipendio, una casa, una pensione vitalizia, regali, e infine il titolo di “familiare” del re, concesso in genere ai vescovi, ai banchieri e ai grandi ufficiali del regno –  e che li ripaga con una straordinaria capacità da un lato organizzativa (si potrebbe dire “manageriale”) del cantiere di lavoro e dall'altro con una straordinaria capacità di interpretazione delle diverse esigenze – si diceva – di immagine dei sovrani angioini e in particolare del “re saggio” Roberto d'Angiò; dalla vicinanza alle idee francescane, e in particolare a certe interpretazioni apocalittiche e pauperiste del messaggio di Francesco, tradotta sulle mura della chiesa e del convento di Santa Chiara alla cultura erudita ed antiquaria, a un pre-umanesimo classicista, e al suo uso in chiave politica con il ciclo degli Uomini e delle donne illustri per la Sala maior della reggia di Castel Nuovo. Anche se oggi poco rimane, purtroppo, di quanto realizzato da Giotto in città, il tentativo di ricostruire questa vicenda aiuta a comprendere meglio non solo le diverse facce del mercato dell'arte e le diverse strade offerte all'evoluzione del ruolo dell'artista nell'Italia del Trecento, ma anche il ruolo significativo svolto dalla Napoli angioina nella maturazione del più moderno panorama artistico d'Europa. 

​Per informazioni: ssc@unict.it