Una carriera universitaria in Filosofia del Diritto
Intervista a Chiara Raucea
Pronti per un nuovo appuntamento con la rubrica degli Allievi e delle Allieve, Percorsi SSC? Oggi intervistiamo Chiara Raucea, Alumna della Scuola Superiore di Catania, oggi Assistant professor in European Law presso il dipartimento di Public Law and Governance della Tilburg Law School, dove tiene annualmente corsi di Diritto dell’Unione Europea e di Diritto Europeo della migrazione.
1. Dichiari di essere interessata sia alla Filosofia sia al Diritto, cosa pensi continui a legare oggi queste due discipline così diverse tra loro?
Credo che a tener legate (da sempre, e ancora oggi) queste discipline ci siano due gruppi di domande, che non sono altre che le stesse che continuano a mantenere vivo in me l’interesse per il mio lavoro. Il primo gruppo include domande che possono trovare risposta studiando il Diritto, come ad esempio: quali regole ci siamo dati per vivere con gli altri, come funzionano queste regole nella realtà o chi ne rimane escluso. Il secondo gruppo invece include domande a cui, secondo me, non si può trovare risposta studiando soltanto il Diritto. Domande del tipo: cosa vuol dire darsi delle regole “insieme”, quando e come nascono gli obblighi dell'agire collettivo o è giusto sentirsi obbligati più verso alcuni gruppi piuttosto che verso altri. Ecco, sono queste ultime domande che mi hanno portato, dopo la laurea, a bussare alle porte di altre discipline: la Filosofia politica e la Filosofia del Diritto.
2. A completamento della formazione ricevuta dall’Università di Catania e dalla Scuola Superiore di Catania, hai intrapreso un percorso di dottorato a cavallo tra il Diritto europeo e la Filosofia del Diritto presso la Tilburg University (NL). Per quale ragione hai deciso di approfondire i tuoi argomenti di ricerca?
In realtá, non ho scelto di intraprendere un Dottorato subito dopo la laurea. Ho iniziato la pratica legale e la preparazione per l’esame di abilitazione all’avvocatura, ma ho capito quasi subito che il superamento dell’esame e la carriera nelle professioni legali non erano un mio obiettivo genuino. Erano magari le tappe più coerenti con i miei studi, ma non le sentivo particolarmente legate ai miei interessi o ai miei desideri di carriera. Sapevo che mi piaceva studiare e che ero interessata alle domande menzionate sopra, ma non avevo ben chiaro come “fare” di questi interessi un lavoro.
Mi sono quindi presa del tempo per capire che letture e domande mi interessassero davvero. Ho potuto farlo grazie a un premio di laurea che mi ha consentito di avere dei fondi per finanziare un periodo di ricerca “indipendente” all’estero. I consigli preziosissimi della mia relatrice e Tutor della SSC, la prof.ssa Parisi, mi hanno aiutato a individuare un gruppo di ricerca che, in quel momento, stava lavorando a temi che erano in linea con i miei interessi e che, quindi, sarebbe stato il posto ideale dove spendere il mio anno di visiting “self-funded”. Così sono arrivata a Tilburg (quasi dieci anni fa) ed è qui che, grazie all’interazione con i colleghi del gruppo di Legal philosophy, il mio progetto di ricerca ha preso forma e che il mio interesse per la carriera accademica è diventato un obiettivo personale e preciso.
Credo che quell’anno (e i mesi che ne hanno fatto da preludio) non sia stato un momento facile. La Scuola Superiore di Catania, però, mi aveva già allenato a perseguire degli obiettivi chiari dentro scadenze precise. In generale, sono convinta che questo allenamento sia molto utile nella vita per ottenere i risultati desiderati. Credo, comunque, che ci siano anche dei momenti in cui bisogna prendersi del tempo per capire quali siano i risultati veramente desiderati e provare strade che non si sa dove porteranno.
3. Per quali motivi consiglieresti o meno un percorso in accademia? Quali pro o contro?
Trovo questa domanda difficile, quindi tento un adagio banale (ma secondo me vero): non è bello ciò che bello, ma è bello ciò che piace! Consiglierei di tentare un percorso in accademia semplicemente a chi ha la curiosità di farlo. Vorrei però ribadire una cosa forse ovvia ma sempre utile da tenere a mente: pesate i pro e i contro dell’accademia come quelli di un qualsiasi altro lavoro e agite di conseguenza. Cercate posizioni retribuite con “sicurezze” che permettano di conciliare lavoro e vita privata e che permettano di costruire una stabilità nella carriera. Nessun lavoro (neanche quello che vi appassiona di più) ha così tanti “pro” da poter far chiudere un occhio sulle condizioni di lavoro.
4. Hai da sempre mantenuto un rapporto indissolubile con la Scuola Superiore di Catania e la sua comunità. Cosa ti spinge di volta in volta a partecipare alle sue iniziative?
Sono sempre così motivata nei confronti delle attività della SSC perché, più di tutto, provo un’immensa gratitudine per le opportunità che mi ha dato. Oltre a questo, mi spinge a partecipare la gioia di sapere che esiste un posto a Catania che non è solo un luogo di bei ricordi, ma anche un posto vivo che muta e cresce con le nuove generazioni che lo abitano.
5. In che mondo pensi che la Scuola Superiore di Catania abbia arricchito il tuo percorso universitario? A distanza di qualche anno cosa pensi ti sia rimasto di quegli anni?
Giurisprudenza è una facoltà dai grandi numeri, quindi per me i corsi interni della SSC sono stati le poche occasioni che, nel corso degli anni universitari, mi hanno permesso di avere un rapporto diretto con chi insegna e che mi hanno permesso di imparare “in classe”. Li ho trovati preziosi per non perdere il piacere di imparare insieme agli altri! Anche la convivenza quotidiana e gomito-a-gomito con allievi così diversi per interessi, caratteri, storie e ambizioni è stata sicuramente un modo bellissimo di crescere e farsi domande. Di quegli anni mi sono rimaste delle amicizie profonde. Molte delle cose che ho imparato a conoscere su di me e sul mondo le ho imparate proprio in quegli anni.